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Ricorrenza del: 15/02/2012
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GALEONE O ZEMAN?
GALEONE O ZEMAN?
Così uguali e così diversi. Il Pescara di Galeone, quello del 1987 e del 1992, promosso in serie A e quello di Zeman che veleggia nelle prime posizioni in classifica in serie B. In comune gol e spettacolo. E l'entusiasmo della città. Paragonabili, ma non uguali. Nelle ultime due settimane sul Centro il dibattito ha ospitato personaggi del passato e del presente. Questa volta tocca a Giovanni Galeone, uno dei protagonisti della storia del calcio pescarese. Che accetta il parallello con diverse distinzioni. Galeone, il Pescara sta andando alla grande, malgrado sia stato fermato dalla neve per due settimane di fila. «Lo so, seguo. Anche se non in maniera assidua». E' possibile fare un parallelo con il suo Pescara? «Se ci riferiamo a quello di 25 anni fa (stagione 1986-87, ndr) dico di no. Questa è una squadra costruita in base alle indicazioni dell'allenatore. Quella no. Quella era composta dai rimasuglia della squadra retrocessa l'anno prima. Credo sia ancora un caso unico in Italia: una rosa allestita per la C1 promossa in serie A». Quindi, nessun paragone. «No, questo Pescara è stato costruito per Zeman. Una formazione competitiva. Certo, sta andando ogni più rosea previsione. Ma c'è una base voluta. Io nel 1986 mi sono ritrovato un gruppo di giocatori da assemblare. E, soprattutto, l'imperativo era non spendere una lira. In questo caso, invece, la società qualche soldo l'ha speso. Per carità, ni
ente a che vedere con Sassuolo, Torino e le altre big. Ma un parallelo con il mio primo Pescara non esiste». Zeman è un valore aggiunto? «Certo, ne sono convinto. Ci sono tanti ragazzotti in panchina in serie B e gente come Zeman e Ventura fa la differenza. Io stesso, tanto per essere schietto, nel 1986 non ero l'uomo in più. Poi, magari, lo sono diventato. Ma questo Zeman ha più peso nei successi di quanto ne avessi avuto io all'inizio della mia avventura a Pescara». Il calcio di Galeone e quello di Zeman: punti in comune? «Pochi, ma ce ne sono. Ad esempio, la mentalità. Si va in campo per vincere, indipendentemente dal valore e dall'organizzazione dell'avversario. Le mie squadre e quelle di Zeman non si sono mai adattate all'avversario. E poi in comune c'è lo sviluppo del gioco: ognuno tende ad arrivare in porta con pochi passaggi». Le squadre di Zeman segnano tanto. «Gli schemi d'attacco sono martellanti e asfissianti. Provano e riprovano fino a quando non mandano al tappeto l'avversario. Vedo fare dei tagli eccezionali con i tempi giusti al centesimo». Punti di differenza? «Lì davanti con metodi diversi, sia le mie squadre che quelle del boemo vanno facilmente in gol. Questo Pescara di Zeman, forse, attacca un po' meno con gli inserimenti delle mezze ali. Ma di certo spinge tanto con i terzini. Nel 1986 noi spingevamo soloa destra; nel 1992 avevo Nobile e quandi attaccavamo anche a sinistra». Altri punti di differenza? «Io lasciavo fare dalla cintola in su. Non ero così schematico. Indicavo la strada, ma lasciavo all'inventiva dei ragazzi la scelta di come percorrerla». Ha visto il Pescara di Zeman all'opera? «Ho visto alcuni spezzoni e mi sono reso conto delle sue enormi potenzialità». Mai nessuna per intero? «Sì, ma non sono stato fortunato nella scelta. Credo di aver visto le peggiori partite di questa stagione». Quali? «Ad esempio a Livorno. Poi, in casa, con il Cittadella e infine a Torino. Sempre in televisione. Ma non ho mai visto il grande Pescara che mi hanno descritto gli amici. Un Pescara che, però, a quanto vedo è meritatamente lassù in classifica». Ce la farà ad andare in serie A? «Io me lo auguro. Io spero conquisti la promozione diretta, ovvero finisca nelle prime due posizioni di classifica, perché altrimenti la vedo dura». Non ha fiducia nei play off? «Per nulla». Le dà fastidio vedere la città di Pescara innamorata di Zeman? «Assolutamente no. Anche perché restano le differenze, calcistiche, tra me e lui. Ripeto: per mentalità e sviluppo del gioco siamo simili. Per tutto il resto no. Ad esempio, io non farei mai il fuorigioco a metà campo». Pescara sogna la serie A. «Pescara negli ultimi anni ha vinto anche dei campionati, ma non si è mai entusiasmata fino in fondo. C'è stata l'esaltazione per le promozioni di Iaconi e Di Francesco. Ma Pescara ricordava di un certo tipo di gioco - propositivo e votato all'attacco - e ora finalmente lo rivede. Ecco spiegato tanto entusiasmo». Tratto da Il Centro del 15.02.2012 |