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Ricorrenza del: 04/12/1988
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QUI A PESCARA E' SEMPRE BRASILE
'QUI A PESCARA E' SEMPRE BRASILE' Repubblica — 04 dicembre 1988 pagina 35 sezione: SPORT
PESCARA Leo Junior in città è una specie di re senza corona. Tutto casa, campo e studi televisivi. Al campo, la domenica, arriva sempre con il figlio Rodrigo, vestito da mascotte; nei giorni feriali lo accompagna la figlia più piccolina, Julia. Ha tanta esperienza (parlano i capelli bianchi), ha serietà professionale da vendere, è il pezzo di Brasile più convincente in una squadra che deve o vuole fare a meno degli altri brasiliani. Cosa succede? Sono due storie diverse quelle di Edmar e Tita. Tita ha fatto un bel campionato in Germania, è più abituato al calcio europeo e difatti in Coppa Italia aveva giocato alla grande, segnando anche molti gol. Adesso non gioca perché gli fa male una caviglia, è solo una questione di infortuni. Edmar invece deve abituarsi al nostro gioco, alla nostra mentalità. Ma per farlo, dovrebbe giocare, è difficile imparare stando fuori. D' altra parte, capisco anche Galeone, la squadra sta andando bene così, cambiarla può essere un rischio. Non è una questione facile da risolvere. Al posto di Galeone, cercherei di parlare un po' di più con Edmar, di spiegargli perché non gioca, di aiutarlo, perché bisogna anche capirlo. Ma lui problemi non ne ha mai avuti? A Pescara no, a Torino sì. Gli inizi sono stati duri, chi viene dal Brasile non è abituato alla marcatura a uomo e in generale in Brasile le partite tatticamente sono più semplici. Torino è una città fredda, non solo come clima. Io non ho mai dato pubblicità alle mie difficoltà di inserimento, ho deciso che dovevo sbrigarmela da solo, farmi degli amici, non sentirmi spaesato. E ci sono riuscito. Poi c' è un discorso di fondo che non riguarda soltanto i brasiliani: nel calcio e nella vita, ci sono quelli che sanno soffrire e quelli che non sanno soffrire, e si arrendono. Io non mi arrendo. In termini di carriera, cosa significa? Qui il contratto mi scade alla fine del prossimo campionato e allora prenderò una decisione. Credo che tornerò a Rio, è la mia città. Sono nato a Joao Pessoa ma i miei si sono trasferiti a Rio quando avevo cinque anni. Il mio desiderio è quello di giocare ancora almeno un anno nel campionato brasiliano, per vedere quanto mi hanno maturato tutti questi anni in Italia. Poi vedrò se è il caso di fare l' allenatore. Come calciatore non rimpiango nulla, oppure molto poco: il fatto di non aver mai giocato, in Italia, in una squadra che puntava allo scudetto. Qui bisogna salvarsi, e basta. All' inizio abbiamo avuto qualche problema, con una rosa molto rinnovata Galeone ha fatto degli esperimenti, adesso ci siamo un po' aggiustati ma la strada è ancora lunga. Con l' Inter un pareggio sarebbe il massimo. Loro sono la squadra più in forma del momento, sono tutti nazionali tranne il libero. Non hanno l' equivalente di Zico, Maradona o Gullit, ma sono tutti grossi giocatori, con qualche bel motorino a centrocampo, dove Matteoli è tornato ai livelli che gli avevano dato la maglia azzurra. Con questa Inter, Trapattoni ha rifatto una specie di Juve, un collettivo molto forte sul piano agonistico.
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