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Ricorrenza del: 17/06/1993

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CALCIO DI MALAFEDE

 

CALCIO DI MALAFEDE
Repubblica — 17 giugno 1993 pagina 25 sezione: SPORT

PESCARA - "Spero che il mio esempio venga seguito, che la magistratura dedichi più attenzione a quello che avviene nel mondo del calcio e si cominci a procedere penalmente ogni qual volta c' è una segnalazione di illecito. La legge 401 dell' 89 è lo strumento per spezzare la logica che vuole il mondo del pallone staccato dalla realtà, gestito con regole interne che finiscono per lasciare grande spazio ad azioni illecite. Il caso Pescara mi ha convinto che nel calcio c' è un grande bisogno di legalità". Chi parla è Salvatore di Paolo, il magistrato pescarese che partendo dalla intercettazione della telefonata tra la psicoterapeuta genovese Miriam Lebel e l' allenatore Galeone si è trovato a fare i conti con comportamenti tutt' altro che esemplari di tesserati, finendo per raccogliere elementi che, intanto, messi a disposizione della giustizia sportiva, stanno per portare ai primi deferimenti. Quarantacinque anni, sposato con due figli, tifoso del Napoli, Salvatore Di Paolo, forte di una legge dello Stato finora inutilizzata, si è affacciato nella cittadella del calcio seguendo le battute tutt' altro che vaghe di quella telefonata piena di sospetti: riferimenti a partite accomodate, nomi di giocatori e dirigenti. E ha dato vita ad una azione giudiziaria che ha già coinvolto la magistratura di Taranto per la partita di due stagioni fa tra la locale squadra pugliese e il Pescara e che dopo l' estate farà i conti con almeno tre partite dello scorso campionato di A, Pescara-Udinese e Pescara-Fiorentina e probabilmente arriverà anche sul tavolo dei giudici piemontesi per Torino-Pescara. Intanto il mondo del calcio si barrica: "gli interessi in gioco sono grandi, i protagonisti guadagnano troppo per aver interesse a rivelare cosa accade veramente" constata il giudice Di Paolo. Ma il magistrato pescarese è convinto che, anche alla luce di quanto sta accadendo a Perugia, dovrebbe essere interesse della stessa organizzazione calcistica stimolare la magistratura a indagare, per svuotare i casi falsamente sospetti e coplire tutte le situazioni illecite. La legge parla chiaro: i primi ad avere l' obbligo di denunciare le situazioni sospette sono i presidenti delle federazioni interessate. Il caso Pescara ha preso le mosse dalla intercettazione, come hanno appurato in questi giorni i periti del tribunale, di una chiamata fatta dalla signora Lebel al telefono portatile di Galeone. In quella telefonata si fa riferimento al comportamento poco corretto di alcuni giocatori in occasione di alcune partite di questo campionato e di quello precedente, in accordo con un dirigente del Pescara chiamto "il serpente". Tutto questo, stando alla telefonata, tramando contro Galeone che in Tv indicò il "serpente" nel direttore sportivo Marino. Il giudice ha già interrogato a lungo tutti i protagonisti, puntando per ora solo sulla gara Taranto- Pescara: inviando quindi gli atti e passando le prove raccolte ai giudici sportivi. LEI ha messo il naso nell' oasi protetta del pallone dove imperano usi, norme e comportamenti tutti particolari. Che aria vi ha avvertito? "Le vicende di cui mi sono occupato a Pescara non mi permettono di dire che il mondo del calcio è marcio: ma posso dire che è ora che in quel mondo la legge dello Stato entri a tanti livelli. Ho scoperto una realtà che vive troppo al di fuori della legge, ed è una realtà in cui sono in gioco interessi molto grandi per cui bisogna presumere che non manchino le occasioni di illecito. Questa idea che il calcio debba restare un mondo a se stante va combattuta: perché pericolosa, perché può portare ad una drammatica e clamorosa crisi. E i segnali non mi pare che manchino. E' evidente la carenza di legalità dell' intero sistema. E' inevitabile un parallelo con tangentopoli. Per tanto tempo la Magistratura non è andata a mettere il naso in quel sistema in cui l' illegalità dilagava, eppure chi non sentiva parlare di tangenti e mazzette? Come nel calcio si parla di combine, accordi di vario genere tra tesserati, tra società... "Quasi un gioco nel gioco. Ma un tempo tutto questo non era reato e la giustizia sportiva non ha gli strumenti che ha un giudice. Adesso la legge c' è, si può intervenire d' ufficio. Come per il Perugia. Anche solo sulla base di quello che ho letto sui giornali l' inchiesta va aperta. Inoltre è possibile una nuova collaborazione anche con la giustizia sportiva. Nella vicenda Pescara questo è avvenuto: all' Ufficio Indagini hanno aspettato che arrivassero i miei fascicoli e quelli dei giudici di Taranto. L' indagine comunque sta andando avanti e presto saranno prese in esame le circostanze legate a partite di questa stagione". Dunque quello che ha avvertito ricostruendo le vicende della telefonata l' hanno molto insospettita per quello che accade nella repubblica del pallone. "Non credo che la teoria montanelliana del ' turiamoci il naso' sia d' aiuto. Basterebbe la constatazione di una realtà dove ci sono giocatori miliardari e società sull' orlo del fallimento per destare sospetto. Credo che all' origine ci sia una condizione di confusione normativa che finisce per dare spazio all' illegalità. Ripeto, è impensabile che possa continuare ad essere un mondo avulso dalle regole che guidano il resto del paese". I protagonisti da lei sentiti e interrogati, giocatori, dirigenti, tecnici, le hanno dato l' impressione che sia sentita questa esigenza? "Chi sta dentro al sistema e guadagna fortissime somme non ha alcuna intenzione di far venir fuori quello che c' è di irregolare. Il clima di omertà devo dire che è abbastanza diffuso. Al punto da alimentare ulteriormente i sospetti. Del resto è evidente che ci sono interessi grandissimi da coprire. Il guaio è che non si rendono conto che il giocattolo si può rompere definitivamente. E devo dire che questo vale per tutto l' ambiente legato al pallone: anche la stampa in questo senso credo abbia delle responsabilità". E la Giustizia sportiva? "Diciamo che ha dalla sua molte giustificazioni. Mi pare che il governo del calcio non sia promotore di azioni di pulizia. Non so, ad esempio, se la federcalcio ha sollecitato l' applicazione della legge ' 89: però voglio ricordare che essa prevede l' obbligo della collaborazione, l' obbligo di fare rapporto alla autorità giudiziaria". E' forte l' impressione che lei sia rimasto deluso dall' incontro con i personaggi del calcio finora coinvolti nella sua indagine. "Sarei un ingenuo se dicessi che mi aspettavo un pentito. Sul piano umano devo dire che ho scoperto una realtà culturalmente molto povera. Quanto ai comportamenti morali chi in quella realtà trae forti guadagni certo non si pone certi problemi. Ma io mi auguro, anche affrontando la parte di inchiesta che riguarda episodi legati al campionato appena finito, di mettere qualcuno con le spalle al muro e di scoprire qualcosa. Sono convinto di aver tirato un sasso nella piccionaia e l' aver applicato la legge è un motivo di soddisfazione. Mi auguro che altri mi seguano e che diventi un fatto normale andare ad indagare su situazioni sospette". Ad esempio? "Un altro aspetto da moralizzare certamente è la struttura e la vita economica delle società di calcio. Ora mi pare che qualcosa si cominci a fare, dopo un lungo tempo di impunità. Quell' impunità che è alla base del comportamento di tanti che si muovono in quel mondo. Basta pensare alle vicende della Roma e del Perguia per capire che la situazione è davvero drammatica. Credo che da parte di tutti sia davvero ora di aprire gli occhi". - dal nostro inviato GIANNI PIVA


 



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