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Dettagli Allenatore - Archivio Dati Solopescara.com


Cognome: Masoni    Nome: Farnese

classe:      Luogo Nascita: Pisa

Nazione :

 

Stagione: 1967-1968    Categoria: Serie C gir. C

 

Stagioni nel Pescara Calcio

Stagione Cognome Nome Categoria Gare Camp. Ris
1967-1968 Masoni Farnese Serie C gir. C 0

 

 

Ultima Modifica: 29/07/2016

Biografia:

 Cresciuto nelle giovanili del Pontedera, esordisce da professionista tra le file del Pescara, in Serie B, nella stagione 1948-1949, realizzando 12 gol in 36 partite. L'anno dopo è alla Cremonese, con la cui maglia firma uno score di 19 gol, di cui una doppietta all'Udinese in 40 partite in una stagione non felice per la compagine lombarda. Nel 1950 approda in Serie A, acquistato dal Napoli di Achille Lauro ed Eraldo Monzeglio. In 4 stagioni all'ombra del Vesuvio, con una parentesi nel 1953-1954 tra le file del Novara, colleziona 25 presenze e 9 reti. Nel 1955 viene ceduto al Livorno, in Serie B, dove rimane due anni, prima di approdare alla Reggiana, dove resta altri due anni. Nel 1959 ritorna al Pescara, dove termina la carriera.

Da allenatore nella stagione 1965-66 Farnese Masoni allena la Polisportiva Gaeta, squadra laziale militante nel campionato di Seconda Categoria, stabilendo il record nazionale di 20 vittorie consecutive. Nel corso del campionato 1967-68 subentra a Giammarinaro alla guida del Pescara in Serie C. Nel 1968-1969 ha una breve esperienza come allenatore della Nocerina.

muore a Pescara nel dicembre del 1995

 

Carriera:

 "Spazzolino", come lo avevano ribattezzato i tifosi partenopei, era stato lanciato dall'ungherese Banas (che approderà anche sulla panchina del Pescara) nella Cremonese della stagione 1949-50, dopo la prima esperienza in biancazzurro (campionato 1948-49). Era l'ala più quotata del tempo, lo volle a Napoli il presidente Musolino che spese 70 milioni delle vecchie lire. «La Pescarese, in quegli anni», scriveva Luigi Compagnone sul "Lavoro Illustrato", «giocava in serie B, la speranza di un balzo in serie A aveva scosso dagli antichi torpori (come il dannunziano Aligi?, ndr) gl'indigeni, si diceva che perfino l'ombra dell'Immaginifico, ormai sazia di più generiche "passioni", tifasse per la "squadra del cuore"». L'articolo dello scrittore e giornalista Luigi Compagnone, intitolato "La Nazionale senza Spazzolino", sottolineava la jella che nel mese di ottobre ha accompagnato la carriera di Masoni. Era ottobre quando giocava in Terza divisione toscana nel 1947 e fu accusato di aver picchiato un arbitro, beccando due anni di squalifica. Stesso mese e di nuovo una disavventura. I compagni di squadra del Pescara gli inviano un telegramma con una falsa convocazione nella Nazionale giovanile. Al quale non avrebbe comunque potuto rispondere per una violenta febbre «da troppa gioia» - scrive Compagnone - che lo costrinse al letto per tre giorni.
Nel 1950, quando già con la maglia del Napoli si metteva in luce come ala sinistra col vizio del gol, la prima tegola: l'infortunio al menisco. «Al Meazza Farnese ha sempre giocato partite memorabili», ricorda Lina Di Santo, moglie del campione scomparso nel 1995, «non ha voluto mai sfatare la leggenda che a rompergli il ginocchio fosse stato Blason dell'Inter». La conferma che quell'infortunio che poi gli comprometterà la carriera in azzurro accadde lontano dallo stadio milanese dove nel 1955 "un'Inter sbigottita vede "passare" il Napoli", come titola un giornale dell'epoca, lo conferma anche Campagnone nel suo articolo. Il 22 ottobre 1950, durante Lucchese-Napoli, nel contendere a Cattaneo un pallone di testa ricadendo si ruppe. Addio Nazionale. «Quel saltò durò una frazione di secondo», scriveva Compagnone, «giusto il tempo perché a Masoni menisco e ginocchio si staccassero». Dopo circa un anno, il 14 ottobre 1951, durante un Napoli-Inter una distorsione e addio di nuovo alla Nazionale. Il saluto ai tifosi di un Masoni convalescente vengono raccolte da un giovanissimo Aldo Biscardi su Paese Sera. «Era studente a Napoli», ricorda la signora Lina, «erano molto legati. Biscardi voleva certi quaderni dove Farnese scriveva i suoi ricordi calcistici. Mio marito era drastico nelle decisioni e un giorno improvvisamente l'amicizia si ruppe, non so se per colpa di quei quaderni».
Il rapporto con la squadra del comandante Lauro va avanti fino alla stagione 1954-55 quando il presidentissimo invece di pagare quanto pattuito al suo campione (un milione), lo invita a trovarsi un'altra squadra. Eppure, il pisano Farnese Masoni era una delle vedette del suo Napoli e quando il comandante era in campagna elettorale l'ala sinistra era tra i pochi titolari che faceva passerella nelle numerose amichevoli che Lauro organizzava nei paesini dell'hinterland a caccia di consensi. «Me lo riportarono una volta», ricorda la signora Masoni, «seduto sulle braccia di due compagni di squadra, l'ennesimo grave infortunio. La ricompensa di Lauro era un braccialettino d'oro, appena in casa, Farnese è andato in bagno e l'ha buttato nel water».
Dopo Napoli, il Livorno di Picchi e Balleri, due anni a Reggio Emilia, prima del ritorno a Pescara nella stagione 1959-60 in C. Un ritorno trionfale condito da 12 gol. Fu il canto del cigno del Masoni giocatore, che di lì a poco avrebbe intrapreso la carriera di allenatore. Avrebbe gioito nel vedere il figlio Marco, con la maglia del Pescara di Giancarlo Cadé, esordire a Vicenza al posto di Repetto nella stagione della prima promozione in A. Prima che il giovane calciatore precipitasse in un tunnel che se lo porterà via nel 1997.



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