Pescara Città - Storia - I Borboni |
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Storia - "I BORBONI" Ferdinando IV re delle Due Sicilie muoveva il 24 Novembre del 1798 con il suo esercito contro i Francesi che avevano occupato Roma, portando in Italia le idee rivoluzionarie, ispirate ai principi di "Libertà, Uguaglianza e Fratellanza". Entrato nella città il 29 dello stesso mese, era costretto quasi subito alla ritirata che ben presto si trasformava in fuga disordinata. L'ala sinistra dell'armata francese occupava il 7 dicembre la fortezza di Civitella del Tronto mentre la fortezza di Pescara si arrendeva il 24 dicembre al Gen. Duhesme. Ai primi di gennaio del 1799 il gen. Coutard, che aveva sostituito il Duhesme, organizzava in Pescara la Municipalità ed il 12 gennaio insediava il Consiglio Supremo della Repubblica presieduto da Melchiorre Delfico, anticipando la proclamazione della Repubblica in Napoli avvenuta il successivo 24 gennaio. Alla Repubblica si opponevano un po' ovunque, anche in Abruzzo, "masse" popolari fedeli al Borbone capitanate da capi improvvisati quali il Pronio ed il Salomone o da ufficiali dell'esercito regolare come il Barone De Riseis. A Pescara Melchiorre Delfico dava impulso ad una sommaria organizzazione del nuovo stato repubblicano, mentre a Napoli il pescarese Gen. Gabriele Manthonè ne organizzava il nuovo esercito. Ben presto, peraltro, le sorti del conflitto tra repubblicani e realisti delle "masse", appoggiati da contingenti russi e turchi e dalla marina inglese, volgevano a favore di queste ultime che, specialmente in Abruzzo, finivano per controllare quasi tutto il territorio ad eccezione di poche città. Dopo il ritiro dei Francesi dal territorio della Repubblica alla fine di aprile 1799 veniva inviato a difendere la fortezza di Pescara Ettore Carafa conte di Ruvo con la sua legione. L'assedio delle "masse" condotte da Giuseppe Pronio si protraeva per oltre un mese e Pescara capitolava il 30 giugno 1799, otto giorni dopo la resa dei forti di Napoli. Finiva così a Pescara la Repubblica Napoletana e Gabriele Manthonè ed Ettore Carafa pagavano con le loro giovani vite il breve sogno di libertà. Era stato, comunque, gettato il seme del Risorgimento italiano
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