da LA REPUBBLICA, 18/8/1992
Galeone & Sliskovic, sogni di vecchi ragazzi di LICIA GRANELLO Il ragazzo ha una testa di capelli neri e forti, baffi in proporzione, due occhi chiari, la voce grave e semplice di chi spiega senza aver bisogno di forzare i toni. Baka Sliskovic è tornato a Pescara per ricominciare a masticar calcio italiano di prima classe insieme al suo amico Galeone. Croato di Mostar (120.000 abitanti tra gli strazi della guerra), Sliskovic è il primo uomo che il tecnico ha voluto per sé nella nuova avventura. I due parlano incrociando pensieri e concetti come se fossero figli della stessa scuola, uno cresciuto a Trieste, l' altro in Bosnia. Il Pescara neopromosso passa anche e soprattutto dalle strette connessioni fra tecnica e rapporto umano. L' anno scorso a fare un grande campionato sono stati gli stessi che quest' anno, almeno in parte, hanno preferito il Perugia di Gaucci. I miliardi di Perugia Camplone, Gelsi e Pagano hanno telefonato per scusarsi, perché i contratti triennali a due miliardi nulla hanno a che fare con la stima e gli affetti, ma da queste parti ci sono rimasti molto male. Così, riecco Baka e dentro anche un altro possibile sentimentale, il nero Mendy. Galeone non cerca affetti impossibili, piuttosto passione per il calcio e voglia di dividerla con gli altri, anche a costo di qualche rinuncia sul piano del luccichìo personale. «Sono preoccupato e non solo perché ho una squadra nuova. E' che i ragazzi hanno già addosso la paura dell' esame, e giocare per non perdere in agosto per me è disastroso. Se non osano non sbagliano e se non sbagliano non posso capire dove sono i difetti. Ci sono errori che in serie B non paghi mai e che in A ti stroncano in un attimo. Ricordo una partita a Torino, un tocco lieve in difesa di Benini. Tra i cadetti sarebbe uscito cento volte palla al piede dall' area. E invece arrivò Rush e gli mise il piede destro lì davanti, colpo secco e palla in rete, Benini doveva ancora capire da dove era arrivato. Li vedo legati, nella testa più che nelle gambe: Compagno ma anche Borgonovo e adddirittura Sivebaek, che pure è fresco campione d' Europa. In compenso, dietro tentano il fuorigioco, quando quest' anno con tutto il ben di Dio d' attaccanti che c' è in giro sarà meglio provarci il meno possibile». Ha un piccolo orgoglio su cui appoggiare la voglia di serie A: «Siamo una squadra tecnica, e un pochino a trazione anteriore. Sarà perché son più bravo a fare schemi offensivi che a organizzare la difesa, ma mi sembra un discorso comune a molte squadre quest' anno. Il campionato sarà tecnicamente superlativo, ma anche sbilanciato da qualche parte, perché quasi tutte le società hanno comprato meglio davanti che dietro, come se si fossero accorte all' improvviso dell' importanza dei gol. Belle in attacco e precarie in difesa, questi squilibri qualcosa provocheranno». Per esempio? «Ci saranno crisi pazzesche da parte di squadre convinte di aver sbagliato tutto, quando invece la colpa sarà di una concorrenza terribile. Per lo scudetto son pronte in quattro, per la Uefa altre sei. Ma i posti a disposizione non coprono tutti questi desideri e mi chiedo se una squadra come la Lazio può permettersi di mancare l' Uefa con tutto quello che ha speso». Tutte in riga dietro al Milan? Galeone ha pochi dubbi: «Sono nettamente i più forti, per dare chances alle altre dovrebbero crollare i mitici difensori rossoneri, perché là davanti non ce n' è per nessuno. Tra gli stranieri, le prime scelte sono i due fuoriclasse Rijkaard e Van Basten, più Papin, mentre Gullit oggi è il sesto, non vedo chi possa togliere Capello per fargli posto. Certo, hanno due squadre e mezzo praticamente allo stesso livello, il frutto di una campagna acquisti che ha ammazzato il mercato, come facevano i Moratti e i Viani. Però non credo che ci saranno dei guai interni: il Milan questi errori non li fa, credo che Berlusconi abbia parlato chiaro. Ma io un' alternativa la propongo lo stesso: la Samp può fare benissimo, perché in difesa è propongo lo stesso: la Samp può fare benissimo, perché in difesa è impenetrabile». E dietro quelle brave, che campionato sarà visto dal basso? «Difficile, con noi quattro neopromosse già candidate a tornar giù. Io spero che il giro si allarghi, penso al Foggia, al Cagliari e all' Atalanta, forse perfino al Genoa. In otto per non retrocedere, ci sarà da ridere». «La gente deve credere in noi» La voce adesso è quella dura, delle battaglie a futura memoria che gli sono così care: «A inizio stagione l' ho detto, se la gente si deve abbonare per i risultati delle amichevoli, stiamo freschi. Era importante l' anno scorso, quando dovevamo riconquistare la fiducia dei tifosi, Roma o Napoli erano avversari buoni per far rumore e dare entusiasmo. Ora la gente deve credere in noi, altrimenti vorrà dire che pagherà il biglietto domenica dopo domenica. In quanto a me, devo ancora firmare il contratto: chiederò un aumento al presidente, non mi sarò mai sudato l' ingaggio come quest' anno». Sliskovic ha molte malinconie, con la famiglia a penare in Bosnia. Ma ha anche una bella certezza tutta personale: «Sono tornato in Italia perché ho fiducia in questo gruppo. Il presidente del Rennes mi aveva offerto un contratto biennale, quello del Cannes addirittura un ingaggio a vita, prima come giocatore e poi come allenatore, con lo stipendio pagato dal Comune. Qualcun altro avrebbe accettato al volo, ma io volevo tornare qui, prendermi la responsabilità di questa squadra, aiutare Galeone traducendo in campo le cose che lui suggerisce dalla panchina». Così, ha accettato di guadagnare meno di tutti gli stranieri di A (200 milioni per quest' anno, opzione per il prossimo). I soldi gli piacciono molto ma non troppo: quando giocava qui, cinque anni fa, si pagò 15 milioni di intervento al ginocchio mentre Pescara e Olympique Marsiglia (proprietario del cartellino) litigavano sui reciproci doveri contrattuali. E non li ha mai più chiesto indietro. Galeone dice di lui che è prima di tutto una persona pulita e poi un giocatore bravo, intelligente. Sliskovic abbassa lo sguardo, più timido che brigante: «Galeone è il primo allenatore della mia carriera con cui non ho avuto da ridire, mai. Se vede che lavori con impegno e sbagli, sa accettarlo. Se non ci salveremo, sarò io e non lui a prendere tutte le responsabilità. Quest' anno, poi, comincio anche il corso da allenatore, mi piacerebbe lavorare con lui e con Boskov. Anche se è serbo, spero che mi aiuterà lo stesso».
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